Nel 1200 grazie alla costruzione del sistema di canali, che dal Bisenzio arrivavano fino all’ Ombrone Pistoiese, detto “Le Gore di Prato”, il mulino Naldini e successivamente la Gualchiera di Coiano, hanno usato la forza motrice dell’ acqua per la macinazione del frumento e la lavorazione delle pezze di lana. Questa struttura, conosciuta come Gualchiera di Coiano, si e’ ampliata nei secoli , giungendo fino a noi, rendendo testimonianza del lavoro e della crescita della citta’ di Prato.
Piu’ nel dettaglio :
Le notizie più remote, riferibili a questo luogo anticamente detto Fondo,
risalgono al 1180 e sono relative ad un mulino di proprietà della pieve di
Santo Stefano , in seguito anche denominato ”ex parte occidentis”, per di-
stinguerlo dall’altro che sorse a poca distanza e che fu di conseguenza det-
to, “ex parte orientis”, come attesterebbe anche un documento del 1258 .
In realtà, almeno per il primi tempi, si trattava di un piccolo impianto mo-
litorio ad un solo palmento che rimarrà di proprietà dell’ente ecclesiastico
fino al XVI sec., quando verrà rilevato, assieme ad altri di questo tipo, dalla
famiglia fiorentina dei Naldini che in parte lo adatteranno a gualchiera . I
Naldini rappresentano pienamente il fenomeno di quella classe di lanaioli
fiorentini i quali, al fine di assicurarsi la preziosa disponibilità delle gual-
chiere pratesi , intorno al Cinquecento cercarono di entrare in possesso di
gran parte degli impianti, sia acquistandoli come avvenne in questo caso,
sia prendendoli a livello come nel caso dell’opificio della Strisciola, posto
poco più a monte. Ovviamente l’impianto era gestito da un gualchieraio
che, nel 1579, risulta essere Piero da Ponte il quale, come ormai era con-
suetudine, oltre a sodare e purgare panni forestieri, berretti e lendinelle, vi
esercitava anche la tintura degli stessi, adoperando tuttavia colori di bassa
qualità, come i neri, i bigi ed i tabaccati, impiegati perlopiù per panni uti-
lizzati dai contadini.
La famiglia da Ponte, la cui continuità è rappresentata dai Filippi, manter-
rà la conduzione sia del mulino che della gualchiera fino al XVII secolo,
quando ad essi subentreranno i Franchi, altra importante famiglia di gual-
chierai pratesi.
L’impianto in questo periodo si è ormai consolidato con le sue tre “docce”
da gualchiera e due “palmenti” del mulino, oltre ai tiratoi, arrivando con
tale configurazione fino agli inizi del Novecento, quando ai Franchi suben-
treranno i Ciolini. Saranno questi ultimi a trasformare gli antichi apparati
delle gualchiere con i più moderni “folloni” e “purgapanni”, per i quali la
sola energia idraulica, non fu più sufficiente, richiedendo l’affiancamento
prima di un motore a gas povero e poi di uno elettrico. Tale conformazio-
ne, con i suoi sei folloni e quattro purgapanni in legno, è rimasta pressoché
immutata fino agli anni Novanta, quando la gualchiera è stata acquistata
dal Comune di Prato .